RILANCIARE RIFONDAZIONE COMUNISTA

PRC Borgo San Lorenzo 5 giugno 2013 0
RILANCIARE RIFONDAZIONE COMUNISTA

Blasco (red)

«La risposta di questo attivo è che ci sono i termini per proseguire come Rifondazione. E il congresso che si farà sarà sul “come”, non sul “se”».
Dopo trentatrè interventi, Paolo Ferrero, conclude l’attivo dei segretari di circolo del Prc dell’Italia centrale nella sala romana di Via Dancalia, al quartiere Africano, sede dell’associazione Articolo Tre. «Il rilancio avverrà in una forma non settaria ma, se non ci fosse, Rifondazione andrebbe reinventata».
In sala oltre centocinquanta militanti venuti da Toscana, Marche, Umbria, Abruzzo, Molise e, ovviamente, Lazio. Parecchi i giovani segretari, una trentina le donne. Un dibattito fitto che ha composto un puzzle di contesti diversi nei quali operano quotidianamente circoli di dimensioni differenti e con diversi livelli di radicamento, di città e paesi in cui la crisi dà luogo a reazioni diverse del quadro politico.
Era la prima volta, dalla fondazione del partito, che i segretari di circolo venivano convocati in plenaria – sebbene in cinque assemblee distinte per macroregioni (contemporaneamente a Milano c’erano 250 persone, a Napoli 80 mentre in Sicilia e Sardegna analoghi attivi si sono tenuti un paio di settimane fa). Dalle difficoltà di costruzione del partito e dell’unità della sinistra fino al rapporto col sindacato e con i movimenti sociali, dall’analisi variegata degli esiti delle elezioni amministrative fino alle aspettative per il congresso e alle modalità di azione sui territori passando per una generale richiesta di ascolto al partito nazionale. «Che la sintesi venga dopo e non piova dall’alto», è stato detto in uno degli interventi (ciascuno dei quali è disponibile sul canale del Prc su livestream).
La relazione introduttiva è stata svolta proprio dal segretario nazionale di Rifondazione che ha spiegato come i risultati migliori delle amministrative sono stati registrati quando il Prc s’è presentato lontano dal Pd ma non da solo. Con Sel come a Imperia e Ancona, con liste di cittadinanza come a Pisa e Siena ma non nel «furibondo isolamento» di Vicenza e Brescia. Sull’esperienza romana, dove Prc e Pdci erano in coalizione con i Pirati e la Repubblica Romana di Sandro Medici ha pesato in maniera determinante l’oscuramento mediatico che, nelle città di provincia, si riesce ad aggirare con migliore fortuna.
Il caso di Marano (60mila abitanti nel napoletano) dove Rifondazione va al ballottaggio o il caso di Lodi dove la candidata del Prc è la più votata del consiglio comunale dimostrano, secondo Ferrero, che «la partita non è finita».
La domanda fatidica è stata posta con nettezza: «Rifondazione è morta? Ci sono le condizioni per ripartire?». Ripartire dal Prc è necessario ma non sufficiente – ha detto ancora – necessario per favorire le aggregazioni, insufficiente se si sceglie l’isolamento. Ma il senso di necessità «non è abbastanza forte nel partito», ha avvertito ricordando che, di gran lunga, Rifondazione ha una capacità militante anche più consistente di chi ha più voti. «Disperderlo sarebbe criminale».
La crisi è sempre più pesante e boccia l’ipotesi di uno sbocco politico da cercare condizionando da sinistra il Pd. Sel ha scelto questa strada entrando nel Pse, il partito europeo che ha costruito i trattati del liberismo. Il tema su cui insiste è quello dell’autonomia e dell’alternatività al centrosinistra ma senza «estremismo parolaio». L’unità della sinistra, dunque, non può che essere concepita «fuori dal centrosinistra»: «Non basta dire “a sinistra del Pd», specifica Ferrero quando mette al corrente l’assemblea che Rifondazione è indisponibile a forme pattizie di agglutinamento come è stata Rivoluzione civile. L’unico criterio possibile di unità partecipata è quello di “una testa un voto” per costruire una sinistra autonoma che si ponga l’obiettivo di un’uscita dalla crisi.
La questione dell’attualità del comunismo viene collocata dentro la crisi, senza alcun cedimento a torsioni nostalgiche: «Noi siamo “ancora” comunisti, non siamo un partito tutto chiacchiere e distintivo – spiega Ferrero – siamo comunisti perché il Capitale non dà risposte ai problemi dell’umanità».
Ma il partito deve cambiare il suo modo di funzionare in relazione ai settori sociali colpiti dalla crisi, deve lavorare sui linguaggi e stabilire modalità efficaci di comunicazione e connessione interna. «Bisogna pensare a come si sta dentro la rete che oggi è la principale forma di organizzazione», dice in un passaggio che chiama in causa anche Liberazione e allude a un lavoro più ampio di presenza sul web per parlare dentro e fuori il partito. Tutto ciò sarà tema di uno specifico seminario prima di arrivare al congresso.
Il futuro prossimo, a sentire Ferrero, vedrà il partito «valorizzare le esperienze unitarie», ad esempio con un appuntamento nazionale convocato dai candidati sindaci della Rete delle città solidali. Rifondazione «lavora per abbattere i muri, prova a dialogare con tutti, costruisce relazioni, cerca garanti per un percorso unitario efficace».
Tra le indicazioni finali c’è l’idea di impegnare il partito in una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare su un piano del lavoro (due milioni di posti da finanziare con la patrimoniale e la lotta all’evasione fiscale) e per una modifica alla Costituzione che consenta il referendum sui trattati europei. La Rifondazione che verrà dovrà provare, infatti, a «scassare Maastricht e un’Europa irriformabile per linee interne di trattativa» e mostrerà, federazione per federazione, elementi di lavoro concreti. Pensa, il segretario, alla costruzione del conflitto, a forme di contrattazione sociale – il blocco degli sfratti – e forme di mutualismo. Il citato successo di Lodi avviene in una città dove agiscono da anni una quindicina di Gap, gruppi di acquisto popolare.

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