Donne e politica: come incrementare e valorizzare la partecipazione femminile

PRC Borgo San Lorenzo 14 ottobre 2022 0
Donne e politica: come incrementare e valorizzare la partecipazione femminile

Tatiana Bertini

Ne abbiamo parlato con le femministe di CollettivA Menapace Firenze, NUDM-Mugello, La casa di Gina di Barberino di Mugello e Libere Tutte di Firenze. Il dibattito, svoltosi il 24 Luglio alla festa di Liberazione di Borgo San Lorenzo (FI), è stato molto partecipato, nonostante il caldo eccezionale di quei giorni, con una importante partecipazione femminile, ma anche maschile, anche se quest’ultima prevalentemente di ascolto. Dopo una breve introduzione sul sistema patriarcale, direttamente collegato al sistema capitalistico e allo sfruttamento legato al consumismo che sta distruggendo il pianeta e sta creando sempre maggiori disuguaglianze, siamo passat* ad una breve presentazione delle realtà femministe ufficialmente intervenute al dibattito, un dibattito fatto nell’ottica della sorellanza e della sintesi comune, indispensabile per un aiuto reciproco e una visione collettiva di tematiche e questioni femminili. NUDM-Mugello, nodo nato per difendere le donne dalle violenze subite nel territorio del Mugello, per l’assenza e la riduzione dei servizi, in particolar modo quelli sanitari e per le politiche del lavoro. Si è costituito nel febbraio 2017, promuovendo una importante manifestazione per contrastare la scelta di centralizzare su Ponte a Niccheri il servizio di senologia chirurgica, così riportato nel Mugello. E’ riuscito poi, con il supporto di consigliere e consiglieri di minoranza in Unione dei Comuni, anche a riportare la psicologa nei consultori. Negli ultimi tempi, oltre alla manifestazione di solidarietà con le lavoratrici dell’ortofrutticola di Marradi, si occupa periodicamente di letture femministe, dalle quali partire con i vari confronti e discussioni anche con le donne della Casa di Gina, oltre a dare supporto per quanto possibile, alle campagne portate avanti dagli altri nodi e a livello nazionale, come la contestazione alla scelta di belligeranza dello Stato italiano. La Casa di Gina, nata a Barberino di Mugello nel periodo del Lock-down per discutere dell’incremento dei femminicidi, con gruppi di studio e di autoformazione e con il supporto di Artemisia, dai quali è emersa la condizione indispensabile di fare rete tra donne per combattere le violenze. Libere tutte, collettivo di femministe di Firenze impegnate per l’autodeterminazione e contro ogni violenza sulle donne, nonché per i diritti di tutt*. Oltre ad essere contro ogni fondamentalismo e per la laicità dello Stato, si occupa in particolar modo di applicazione del diritto all’aborto (L194), sia chirurgico che farmacologico. CollettivA Menapace, nata da un gruppo di donne del PRC, dedicando il nome a Lidia Menapace, per il suo esempio di femminista, comunista, pacifista. Attraverso una critica verso il sistema patriarcale e capitalistico, si è prodotto nell’ultimo congresso del partito della Rifondazione Comunista una Tesi eccedente, proprio per rimarcare la crescita di consapevolezza delle compagne che fanno riferimento al femminismo. Pare che il modello prevalente a livello politico sia quello dell’uomo adulto bianco, anche dentro il nostro partito, mentre abbiamo il desiderio di un cambiamento in grado di dar conto e rappresentare i bisogni dei diversi “generi”. Quella che segue, vuol rappresentare una sintesi condivisa con tutte le donne intervenute attivamente al dibattito. In ordine di intervento sono state: Tatiana Bertini, Paola Nardi, Felicetta Maltese, Mariolina Nicastro, Sabrina Sagri, Diletta Gasparo, Antonella Bundu, Alidina Marchettini, Simona Baldanzi, Maria Grazia Giaume. Il punto principale trattato è stato quello sull’importanza di fare rete tra donne, con l’unico modo possibile, ovvero quello di incontrarsi, anche on line, confrontandosi nell’ottica della solidarietà. La discussione poi è proseguita partendo dalle differenze oggettive tra donne e uomini e dal fatto che oggi non abbiamo pari diritti, vedi la maternità non ugualitaria in caso di figli, vedi il fatto che le donne hanno stipendi minori e lavori maggiormente precari dovuti a scelte politiche che rendono i lavori “femminilizzati” come quelli di cura e di educazione, sempre più precari e meno pagati perché affidati sempre più spesso a cooperative, terzo settore o ad agenzie interinali. A livello politico, le donne sono molto presenti nei movimenti, dove sono molto attive, anche se difficilmente ricoprono cariche apicali come ad esempio quelle di presidente, e così anche nei cosiddetti lavori femminilizzati, dove le donne sono in numero maggiore, ma dove sono gli uomini a ricoprire incarichi apicali. Le donne oggi, almeno le donne di sinistra, nella maggior parte dei casi non sentono la necessità di imporsi, di rappresentare una guida; non amano la competitività in politica e nel lavoro, preferendo la condivisione delle scelte. Il fatto di non sentire l’importanza di essere un punto di riferimento, è anche dovuto al fatto che spesso hanno un carico mentale e fisico familiare importante, che le porta a non poter spendere altrove molte altre energie. Per questo diventa indispensabile, per poter permettere alle donne di occuparsi di politica, finanziare lo stato sociale e i servizi di cura, e renderli accessibili anche a livello economico. Potremmo provare a riprendere il concetto di mutualismo (un’idea di supporto potrebbe venire da una sorta di banca del tempo) e pretendere che lo stato garantisca i servizi, in modo da riuscire a diminuire questo carico. Per agevolare ad oggi le donne alla partecipazione ad iniziative politiche, risulta importante la puntualità di inizio e di fine eventi, nonchè uguale spazio di intervento a tutt*. Anche il fare riunioni in orari dove siano facilitate alla partecipazione potrebbe essere utile: ovvero non fare sempre riunioni serali, ma in orari quando sono aperte scuole ed asili, ad esempio, altrimenti la politica rischia di essere portata avanti solo da donne che non hanno figli, così come succede sempre più spesso anche per l’attività lavorativa. Gli incontri online facilitano la partecipazione femminile, ma rischiano di vedere le donne in riunione, occupate a fare contemporaneamente anche altro, come ad esempio cucinare. E’ ancora difficile per le donne conciliare tempi di vita e di lavoro. Una provocazione potrebbe essere quella di dire: smettiamo tutte di fare figli così possiamo dedicarci a lavoro e politica! Oggi poi il lavoro prende più tempo, a tutt*. Abbiamo meno diritti, andiamo in pensione più tardi, abbiamo meno possibilità di occuparci di politica (i permessi politici per carica istituzionale ad esempio, sono pure stati ridotti). E questo penalizza maggiormente le donne, impegnate anche nel lavoro di cura. Un altro fattore che diminuisce la partecipazione femminile alla vita politica, potrebbe essere quello che a livello culturale scarseggiano modelli femminili da seguire: ovvero, fin dall’educazione scolastica, prevale l’insegnamento dei modelli maschili. A livello politico le donne generalmente preferiscono modelli democratici costruiti dal basso, non amano “i cosiddetti leadershep”, modelli patriarcali con un uomo unico al comando, spesso rappresentante solo di sé stesso e non di una base. Per riuscire a rappresentare i nostri bisogni e desideri dobbiamo partecipare alla vita politica ad ogni livello ed essere rappresentate come donne attraverso una buona percentuale. Per questo ad oggi, finché non saremo veramente libere di scegliere, servono le quote rosa, come correttivo antidiscriminatorio. Anche attraverso le istituzioni si riesce a trasformare la società; spesso le organizzazioni sono il frutto della società in cui viviamo e dover ricorrere alle quote rosa, per alcune di noi, risulta essere svilente, anche se necessario ad oggi per iniziare il cambiamento. Ci sono molte donne attive che vorrebbero fare di più, ricoprendo ruoli importanti nelle varie organizzazioni, e questa rappresenta l’unica modalità ad oggi per andare in quella direzione. Una politica che guarda alle esigenze femminili potrebbe cominciare dai comuni, dai bilanci di genere, chiedendosi cosa viene fatto per diminuire le disuguaglianze, ridisegnando a livello urbanistico le città per andare incontro alla visione e alle esigenze femminili. Anche a livello di rappresentanza, se guardiamo, alle donne vengono dati sempre gli stessi assessorati che riguardano attività cosiddette femminilizzanti, come sanità e cultura. Difficilmente vengono dati assessorati all’urbanistica o agli affari generali. Dobbiamo prenderci anche quegli spazi se vogliamo cambiare l’organizzazione sociale. Come donne siamo più della metà degli uomini, siamo più istruite, ma ci mancano spesso sicurezze e valorizzazione per ricoprire incarichi apicali, anche per retaggi culturali, oltre che per condizioni di vita più difficili. Purtroppo il modello maschile è culturalmente presente in tutt* noi, pesa e talvolta alimenta atteggiamenti di competitività anche tra donne, diminuendo talvolta le possibilità di sorellanza. A noi donne nessuno regala niente, e se ricopriamo cariche apicali, veniamo giudicate maggiormente rispetto agli uomini, anche nella nostra vita privata, così come è successo con Nilde Iotti ad esempio, per la sua relazione “non regolare”. L’educazione portata avanti fino ad oggi privilegia un modello cognitivo e non relazionale, per questo vengono meno talvolta valori di collaborazione e rispetto individuale. Il patriottismo, che abbiamo visto in passato e continuiamo a vedere anche oggi, è impregnato di valori dettati da un approccio cosiddetto “virile”. Molte donne oggi hanno rinunciato a stare nei partiti e preferiscono stare nei movimenti dove portano avanti varie lotte, con una politica che nasce dal basso, partecipativa. Si spendono molto nei movimenti per i diritti di tutt*, come per LGBTQIA+ o per l’ambiente, distrutto dallo sfruttamento del capitalismo e del neoliberismo (entrambi fondati su modelli patriarcali), spesso in modo parcellizzato però, mancando una organizzazione che le rappresenti in toto. Le parole d’ordine solitamente sono: no verticismo, no patriarcato, no capitalismo, ma fare rete, in una reciprocità orizzontale e circolare, non verticale. La politica femminile è quella di contare non per andare al potere, ma per garantire diritti e esigenze di tutt*. Per questo, in questa direzione, come donne riconosciamo il valore del femminismo e del comunismo, per andare verso un mondo migliore. Dobbiamo poi ragionare cominciando a chiedere dati; l’apposizione di panchine rosse ad esempio spesso nasconde la mancanza di politiche contro la violenza di genere. Dobbiamo cominciare a chiedere: • Quali e quante politiche di genere e contro la violenza vengono fatte? • Nelle varie organizzazioni quante donne ci sono, in che rapporto, e quali incarichi ricoprono e in che rapporto? Dobbiamo imparare a leggere i dati dell’ IRPET (Istituto Regionale Programmazione economica della Toscana) su salute e sicurezza ed ogni altro aspetto dove ci sono differenze tra donne e uomini, compresa la medicina di genere, l’impegno in agricoltura… Anche l’abbigliamento nel mondo del lavoro non è spesso a misura di donna; talvolta infatti si utilizzano tute intere, magari anche bianche, non capendo le difficoltà femminili per espletare i normali bisogni fisiologici o in caso di mestruazioni. Spesso in aggregazioni come ANPI e come molti partiti, ci sono regole scritte da uomini, dove si prendono le decisioni fuori dalle riunioni, o dove si dà maggior spazio ad interventi di uomini, diminuendo in questo modo la visione femminile. Così le società rischiano di assecondare il modello patriarcale. E’ importante stare nei partiti perché questi portino avanti politiche di genere, facendo una politica fedele a noi stesse, ovvero sto in un partito ma non sono una ‘donna del partito’, con l’intento di scardinare gli elementi patriarcali che sono dentro il partito stesso. Riunioni come quelle fatte in questo contesto, ci danno forza reciproca per andare verso un cambiamento della società diventando massa critica. La maggior parte di noi ad esempio è contro la guerra; ma dove si vede tutto questo se non siamo massa critica? Per concludere possiamo dire: sappiamo stare nei movimenti, dobbiamo entrare anche nei partiti e nelle istituzioni perché la forza delle donne, la consapevolezza di sé, operino il cambiamento di cui abbiamo tutt* bisogno!

I commenti sono chiusi.